Il significato della vacanza

Il significato della vacanza

Qualche giorno fa, vedendo le solite code di partenti o ritornanti dalle ferie, mi è tornato in mente un concetto espresso da mio nonno, nato nel 1900, quando cominciarono ad essere assegnate regolarmente le ferie, dopo la seconda guerra mondiale:

“ Perché la gente va in ferie? E perché deve andare via di casa?”

Per lui che andava molto fiero del suo lavoro di tessitore, per il quale aveva combattuto 2 guerre, “andare in fabbrica” era una parte importante della giornata, dura ma bella, vissuta come una scelta e non una imposizione, vissuta in modo attivo con la partecipazione alle attività sindacali e sociali del paese e non subita con decisioni prese sopra la sua testa.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è images-7.jpegCompletata dal lavoro nell’orto, dalle partite a carte con gli amici, dalle accese discussioni politiche al circolo, la sua giornata era proprio quella che lui voleva.

Viveva la vita che si era scelto!

Io ho girato in lungo ed in largo, vicino e lontano e mi sono sempre considerato più un “viaggiatore” che un turista perché in ogni luogo visitato ho cercato di dare e ricevere qualcosa, tralasciando i luoghi alla moda a favore di quelli che mi offrivano qualcosa da imparare e mi rendo conto che adesso, forse più che negli anni del boom economico (ma era vero?…) molta gente fugge (o cerca di fuggire) dalla propria vita quotidiana perché non è quella che avrebbe voluto ma quella che deve subire.

Le attività quotidiane e il lavoro ogni giorno più frenetico ci obbligano sempre più spesso a “ sopravvivere”, anzichè “vivere”la nostra vita, accudendo a sempre nuovi impegni, inseguendo sempre nuovi, e forse inutili, traguardi materiali: così ci rimane sempre meno tempo per noi stessi, per la nostra vita interiore, per i nostri cari.

L’ abbigliamento, l’alimentazione, la casa, lo spazio che ci circonda, il posto di lavoro sono sempre più stereotipati, impersonali e predisposti a dimostrare “ l’avere” anzichè “ l’essere”.

Questo tipo di società sta distruggendo il concetto di “socialità”, quello che ti fa pranzare con il tuo vicino, che ti fa partecipare alle attività del paese o del quartiere, quello che ti fa condividere la giornata con i tuoi figli o partner, che ti fa discutere e esprimere il tuo parere su tutti gli argomenti: l’obiettivo è creare “molte solitudini vicine” offrendo la possibilità di delegare sempre di più alla tecnologia e ai grandi gruppi industriali ogni responsabilità.

Così si va in palestra per correre su un tapis roulant che ti fa vedere le immagini di Central Park invece di respirare l’aria della campagna circostante, vicino ad un’altra persona ma in solitudine, perché abbiamo paura di stare da soli ma anche di essere coinvolti…

Così compriamo nei grandi centri commerciali, dove siamo solo numeri alla cassa o, peggio ancora, deleghiamo le nostre scelte alle proposte che ci arrivano dalle pubblicità che riempiono i social…

Eppure comincia a sentirsi nell’aria un desiderio di nuova “ naturalità”, un maggior rispetto per l’ambiente e la volontà di un recupero, la vaga consapevolezza che gli enormi passi avanti fatti dalla ricerca e dalla tecnologia, hanno come fine ultimo quello di farci “star meglio”, non già quello di obbligarci a possedere sempre più cose.

Un grande aiuto per l’uomo può venire dalla riscoperta e dal riutilizzo ( magari aggiornato) di discipline antiche quali l’erboristeria, la medicina naturale tradizionale, l’autoguarigione, l’alimentazione naturale così come per la casa e l’ambiente può essere molto utile porre più attenzione ai siti di costruzione, alle energie che li permeano, ai materiali utilizzati e alle tecniche di risparmio energetico.

Ed allora anche la vacanza potrà diventare veramente un momento di recupero delle energie, sia fisiche che mentali, composta da viaggi e non da “aggressioni turistiche”, da incontri con gli altri e non da scontri con il diverso, da condivisione del proprio mondo per conoscerne altri

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